
Di qui per lo loco etterno
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spirti dolenti,
ch'ha la seconda morte ciascun grida;
e vedrai color che son contenti
nel foco, perchè speran di venire
quando che sia a le beate genti.
(Inferno, Canto I, v. 114-129)






La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento
(Inferno, Canto III, v. 134-136)





Possa la tua anima restare
ancora a lungo legata al corpo
e avere lunga fama dopo la morte
(Inferno, Canto XVI, v. 64-66)

Gli uomini dell'inferno di Dante
sono gli uomini di ieri, oggi e domani.
I suoi dannati rappresentano l'umanità intera
accomunata dagli stessi tormenti,
errori, emozioni, vizi e paure
e dal medesimo destino.
Esseri mai tanto corporei nella storia
della letteratura medievale
quanto lui li descrive nella sua Comedìa.
Dei corpi che sanno parlare di sè,
del loro vissuto e delle esperienze fatte,
delle cicatrici riportate in vita,
metaforicamente ma anche fisicamente,
delle fatiche patite, dei dolori provati
e dei segni che mai li abbandoneranno.